Cocorico

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Essere Storia. Lo scorrere del tempo è un fattore relativo. Molto relativo. 1989: volendo, sono tanti gli anni passati dalla nascita del Cocoricò. Così tanti che uno potrebbe anche perdersi nella tentazione di parlare di “club storico”, “luogo che ha fotografato il divertimento di generazioni”, cose così. Rassicuranti. Autorevoli. Ecco – il Cocoricò non è rassicurante. E la sua autorevolezza nasce ed esiste non certo grazie a qualche press release ben scritta o grazie a furbe reti di pubbliche relazioni, ma arriva dalle sensazioni e dalle intensità di ogni singola persona che possa averne varcato l'ingresso di qui ad oggi. Questa, ora ancora più di prima, è l'unica autorevolezza che interessa. Non puoi barare, quando è così. E non vuoi barare. Anche perché, in fondo, non devi barare: chiunque almeno una volta si sia ritrovato ad aggirarsi per i corridoi tra una sala e l'altra, chiunque sia stato accolto dal calore del Titilla, chiunque si sia arreso alla grandiosità della Piramide difficilmente è tornato a casa pensando “Ok, ho passato una serata normale in un posto qualsiasi”. Non è una serata normale quando l'alba comincia a farsi strada tra le grandiose vetrate, illuminando migliaia di occhi, mani, facce, storie ancora sul dancefloor. Non è una serata normale quando esci, sfinito, e con le coordinate spazio-temporali dentro di te ancora sottosopra ti ritrovi a dominare con lo sguardo l'infinito del mare, dall'alto dei colli sopra Riccione, sfidando la forza della gravità che vorrebbe portarti a valle. Puoi anche divertirti molto, a passare una “serata normale in un posto qualsiasi”, sia chiaro. Fallo. Fai bene. Ma quando entri al Cocoricò sai che ti prendi la responsabilità (e la gioia, e il brivido) di dover assaporare una notte di intensità rara. Sai che la Piramide è un'astronave che decolla, è una fabbrica magica di empatie. Sai che chi è passato in console lì o nelle altre sale ha fatto la storia e, soprattutto, è lì perché sta facendo il presente e sta immaginando il futuro (cosa ancora più vera con la stagione invernale 2011, dove viene spezzata la consuetudine dei tanti-dj-in-una-sera-per-sala e vengono invece assegnate le chiavi delle emozioni e dei bpm a un unico artista ospite: anche qui, anche per lui, responsabilità). I superclub europei e mondiali, e il Cocoricò è uno di essi, basano il proprio carisma sulla capacità di saper giocare oltre le regole creandone di nuove – regole che però sono valide ed efficaci solo per se stessi. Non ci si pone in competizione. Non ce n'è bisogno. Lo fanno altri. Se copiano la voglia continua di sorprendere e spiazzare che ha sempre attraversato la storia del Cocoricò a partire dai primi anni '90, benissimo: la copiassero bene, azzardassero anche loro cose assurde come certi esperimenti sonori al Morphine, certe contaminazioni estreme col teatro d'avanguardia, certi inquietanti claim scritti sulle pareti a caratteri cubitali capaci di scavare nel subconscio. Se copiano la cura maniacale nell'offrire un'esperienza del suono davvero totale per qualità come quella in Piramide, ottimo: in Italia soprattutto ce n'è bisogno, con troppi posti che pensano prima di tutto a pagare pr, baristi, persone-immagine, stucchi e arazzi, e se l'impianto non è granché beh pazienza. Se copiano la capacità di creare un'immaginario (al punto che basta un simbolo, e tutti sanno, tutti capiscono), perfetto: siamo tutti contenti se in giro diventano di più i posti con una personalità forte, fortissima dove andare. I Daft Punk cacciati dalla console. Aphex Twin ospite da mezzo sconosciuto. Memorabilia. Il Principe Maurice e il suo sguardo vitreo ma sorridente puntato al cuore. Ricci, R.I.P. sempre. Arto Lindsay in un set di chitarra noise. Carl Cox. Richie Hawtin. Loris Riccardi. La console nel bagno delle donne. Isabella Santacroce che dispensa magie allucinate. Ricardo Villalobos. Luciano. Skrillex. Cori di monaci tibetani. Le serate trionfali. Le serate meno riuscite. Le serate che non ricordi più nulla (e accidenti quanto sei contento di non ricordare più nulla). Le serate che ti sei perso. Le serate che ti sei trovato. Le serate che ti hanno cambiato la vita, anche se non ti interessava chi stava suonando. Le serate in cui invece sei venuto solo per sentire “quel” dj, e lui non ti ha tradito. Carl Craig, Laurent Garnier. Bloody Beetroots, Erol Alkan. Adam Beyer, Chris Liebing. La notte più scura, l'alba. Fotogrammi di memoria come schegge, ce ne sono a migliaia. Dal 1989. Volendo è storia, sì. Diversa da quella di club a Berlino, a Londra, a Ibiza, a New York. Diversa. Unica.
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Riccione, Emilia Romagna
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